domenica 16 febbraio 2014

SEI DI PAESELLO SE....

Circolano prepotentemente proprio in questi giorni su Facebook  una marea di gruppi in cui gli utenti interessati sono chiamati a lasciare un segno, un ricordo ecc e sono  denominati "Sei di (città natale) se...."

Risiedo attualmente nella città dove sono nata ma  ho vissuto fino ai 29 anni in un paesello limitrofo, che  negli anni 80-90 non arrivava ai 4000 abitanti. Ora si è ingrandito e molti campi e boschi , ahimè, sono stati fagocitati da piccole palazzine  e villette.
Mi è sempre stato stretto, la mentalità rispetto alla grande città era sicuramente diversa, il paesello era davvero indietro di trent'anni! 
Due asili, uno comunale e uno parrocchiale, una sola scuola elementare, una sola scuola media. Di fatto quindi ci si conosceva tutti.
Due oratori, perfettamente divisi tra maschile e femminile (tuttora!) e se vi doveste capitare di entrare  nell'unica Chiesa Parrocchiale ancora oggi vedrete le donne sistemate a sinistra e gli uomini a destra. Giusto nelle ultime tre o quattro file di sedie in fondo è socialmente accettato essere mischiati. 
Chi non ha vissuto in queste piccole realtà non può capire quando si dice che nei paesi  "il prete comanda più del sindaco" . Nel caso del mio paesello nulla è più vero.
Quando ero piccola i giovani , fino alla piena adolescenza e oltre,  erano suddivisi in due categorie: quelli che frequentavano l'oratorio e quelli che non lo frequentavano, e per questo assolutamente mal visti. Erano coloro che scorrazzavano in piazza e formavano le famose "compagnie sotto i portici" con biciclette e motorini.Oppure erano quelli che stazionavano con enormi circoli di sedie fuori dai bar. Ovviamente erano gruppi molto attrattivi ma io e la mia amica avevamo il divieto assoluto da parte delle nostre mamme  di azzardarci a frequentarli. All'oratorio non ci volevamo andare e ciò era oggetto di pesanti insistenze da parte delle nostre genitrici catechiste ...  rifiutandoci di frequentare quell'ambiente le avremmo messe in imbarazzo ma cosa dovevamo farci? Non ci volevamo andare! Risultato : passavamo le domeniche l'una a casa dell'altra, guai a uscire in piazza, altrimenti la gente "ci avrebbe guardato male". I ragazzi da prendere come esempio e modello erano quelli che frequentavano l'oratorio.

Quando cominciai a frequentare la scuola superiore, nella mia attuale città da oltre ottantamila abitanti , mi trovai immersa in una realtà molto molto diversa. Le mie coetanee non sapevano nemmeno cosa fosse l'oratorio, anzi, sì, era una cosa da bambini. Alla mia età già frequentavano da tempo compagnie  molto grandi che si trovavano quotidianamente da qualche parte in centro. Avevano già una discreta esperienza di relazioni affettive con l'altro sesso e già organizzavano feste con ragazzi più grandi , di quelle con musica , dove si ballava e ci si appartava con tipi appena conosciuti. Realtà molto lontane da quella dalla quale provenivo, ma dopo le prime iniziali titubanze finalmente fui felice di frequentare gente nuova , feste e pigiama party , dove non venivo giudicata perchè non frequentavo l'oratorio.

Però...c'è un però. Vivere nel paesello non ha sempre avuto lati negativi, anzi.
Proprio frequentando questo gruppo su facebook mi sono resa conto di quanto i ricordi siano per la maggior parte condivisi da tutti. I personaggi strani del paese erano conosciuti da TUTTI, se uno poi rievoca  un avvenimento particolare, se lo ricordano tutti. 
Le feste di paese, il palio, sono  avvenimenti molto sentiti , tutti ne sono coinvolti, se ne parla per giorni e giorni.  Durante la festa patronale Comune e parrocchia si fondono e diventano un tuttuno: guidate dal   "Corpo bandistico paesellese",  le contrade fanno sfilate che si tramutano in processioni che terminano in Chiesa per la benedizione. Il banco di beneficenza ha la sua location in oratorio maschile, mentre le bancarelle vere e proprie occupano le quattro vie che incorniciano la piazza. E tutto tutto il paese è lì fuori che partecipa, e alla sera si prepara una mega polenta con luganega, all'oratorio appunto, dove si può ammirare anche lo spettacolo dei fuochi d'artificio, pagati dal Comune.

Tutte queste reminiscenze  mi hanno fatto venire un velo di malinconia: innanzitutto questi eventi nella grande città dove vivo non sono sentiti con la stessa intensità , nemmeno all'interno dello stesso quartiere. Ovviamente la città è dispersiva ,e la gente di conseguenza è molto diversa. Ha meno "senso di appartenenza".
E poi ricordando certi episodi , capitati molto molto moolto tempo fa, mi sorge spontanea una considerazione.....oddio ma quanto sono vecchia?

1 commento:

  1. Ciò che scrivi è dimostrato dal fatto che Milano, ha un gruppo che conta poco più di 5000 iscritti; la mia città (40.000 abitanti) ha un gruppo di 4000 iscritti.

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